novità 06.10.2021
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Tre caffè per tre camionisti

Il modo in cui prendiamo il caffè può dire tante cose di noi. I camionisti come bevono il caffè?

Il caffè è un importante alleato del camionista

„Sono donna, mamma e camionista. Rigorosamente in quest’ordine”. Lei è Laura e si descrive così, se le chiedi di farlo.
A proposito di camion aggiunge: “compenso la mia piccola statura con i due metri di altezza del mio Volvo FM, perché nell’Fh non vedo fuori”.

Con il suo stile ironico e mai banale, nella serie “Siamo Carichi”, Laura ci racconta spaccati e momenti della sua vita di autista professionista.
In questo articolo, Laura ci parla di un grande alleato del camionista: il caffè!
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Se è vero che il camion va a gasolio, gli autisti vanno avanti a caffeina.

Per sostenere i ritmi incessanti di un lavoro che chiede sempre di più e offre sempre meno, serve un alleato perché in certi momenti la passione non basta. Una buona dose di caffeina quindi è l’alleato ideale per arrivare alla meta.

Come in tutte le cose però, non esiste un’unica verità e se per me il caffè perfetto è quello della Moka, bollente e rigorosamente in tazza grandissima, per gli altri la perfezione risiede anche in tazzine più piccole. Mi sono guardata intorno, perché da caffeinomane convinta, trovo sempre molto interessante analizzare come sfruttano gli altri la propria pausa caffè.

Le tre macro categorie le sintetizzerei così.

L’amaro.

Colui che non pretende mai di più di ciò che chiede, che va dritto al sodo e che, con gli anni ha imparato a trangugiare qualsiasi bevanda scura che, da dietro al banco, gli venisse offerta.

Chi beve il caffè amaro è preciso, sintetico e pragmatico. Riesce a trovare il buono anche oltre un aspetto un po’ rude e non proprio affabile. Caparbio e ostinato non si ferma fino a quando non coglie la dolcezza in fondo all’anima. Molto in fondo. Sa che qualche volta potrebbe rimanere deluso, ma non si scoraggia.

Nel lavoro è uguale. Persiste senza mollare mai la presa, si ferma solo se strettamente necessario e non ha bisogno di nulla per trovare la strada. Una cartina geografica e una bussola e il gioco è fatto. Qualcuno si orienta guardando la posizione del sole.

Imperscrutabili, sono i colleghi perfetti. Sembra di non averli.

Poi tra chi beve il caffè amaro, ci sono due varianti: quelli del ristretto e quelli del lungo.
Chi beve ristretto sa che di più non può osare e che, se vuole sopravvivere alle grandi delusioni che la vita da camionista può riservare deve procedere a piccoli sorsi e non pensare di riuscire ad affrontare tutto di petto.Nel lavoro è decisamente più lento del collega precedente, leggermente più riflessivo ma comunque determinato ad arrivare al dunque.

Chi si affida al caffè lungo invece, ha dello stomaco. Quella bevanda amara allungata che perde di intensità e di sapore richiede coraggio. Solo gli intrepidi si affidano alle inesperte mani di un ragazzo qualunque che nulla ha a che vedere con un barista.
Affidargli una cosa così preziosa come la pausa, richiede fiducia. Motivo per cui sono davvero pochi i colleghi che rischiano chiedendo un lungo.

Come gli ultimi dei moikani sono coloro che hanno qualcosa da tramandare, i saperi profondi del camionista, quelli che conoscono ogni trucco, ogni segreto e anche ogni bar dove si può bere un caffè discreto, evidentemente. Affidarsi a loro, sarebbe come affidare la propria vita a qualcuno che sai che ne farebbe qualcosa di buono.

Il macchiato.

Il camionista novello. Quello che dopo qualche giorno a caffè normali, ha lo stomaco sotto sopra e tampona con il macchiato.

Decisamente più gentile e amabile, perché ancora non sa cosa lo aspetta e pensa che l’autotrasporto sia un posto per tutti. Maschera le proprie incertezze dietro a un velo di morbida schiuma, sperando che così si digerisca tutto meglio, anche le giornate più dure. Illuso da piccolo che con un po’ di zucchero la pillola vada giù, scoprirà a proprie spese che anche il più buono dei macchiati, se ha il fondo bruciato, farà male comunque.

Anche qui, si sviluppano due sottogruppi: quelli del cappuccino e quelli del macchiatone .

Quelli del cappuccino vivono sempre di corsa e perennemente affamati. Sfruttano al massimo quei pochi minuti di pausa per cercare in qualche modo di saziarsi, con scarsi risultati perché il senso di pienezza dura poco. Come cercare di essere appagati quando arrivi magicamente puntuale al primo scarico. 

Sai perfettamente che può ancora succedere di tutto. Il cappuccino è la continua ricerca di soddisfazione che quindi, chi lo beve ricerca nel lavoro. In qualche giornata gli basta poco, in qualche giornata no. Va avanti a piccole gioie quotidiane che gli ricordino perché fa questo lavoro.

Un po’ lamentone, ma anche sagace e qualche volta ironico é il collega che si lamenta sempre, ma alla fine continua. Come quando ha fame, ma al posto di mangiare beve cappuccini.

Quello del macchiatone invece, è perennemente a dieta. Non così novello da essere totalmente ingenuo, non così stanco da lamentarsi sempre. Il macchiatone sta nel mezzo e chi lo beve è colui con pochi anni di esperienza, che si lamenta quando sente gli altri farlo, ma quando è da solo poi così male non sta. 

Un collega che ancora non ha preso una posizione e non ha deciso se farà il camionista per sempre o se fra poco mollerà la presa. Quello che esplora con troppa prudenza e agli occhi degli altri appare sempre indeciso.

La moka

Colui che è affascinato dalla tradizione e seppur riconosca la comodità dell’espresso, adora avere dei momenti tutti per sé. Ama le cose fatte con calma, come un diesel ingrana lentamente e gli serve il tempo per adeguarsi e imparare, poi però rimane sorpreso dal risultato dell’attesa. Colui che lo beve non affiderebbe la sua pausa a nessuno e preferisce arrangiarsi.

Non dà mai la soddisfazione di chiedere aiuto e prosegue dritto per la propria strada. Se si fida di voi vi concederà un goccio del suo caffè. Non chiedetegli altro, ha già dimostrato tutto porgendovi la bevanda sacra. 

Nella Moka non esistono varianti, è uno e indiscusso perciò gli amatori, piuttosto che rinunciarvi o tentare l’americano che è tutt’altro che caffè, si attrezzano con thermos e fornelli da campeggio. Amano il rischio e lo corrono pur di ritrovare quel piacere sottile.

Qualcuno si è scottato, qualcuno si è sporcato i pantaloni, altri hanno tentato la sorte con caffettiere da camerata sospese sopra a fiammelle poco convincenti. Sono i colleghi di cui non sai mai se fidarti perché diciamo che non sembrano del tutto centrati, ma se lo fai ti faranno provare il brivido dell’avventura.

Decisi, estroversi e un po’ troppo dispersivi alle volte, cerca di non fargli un torto, altrimenti ti daranno l’euro per l’espresso.

Le cose semplici, le più autentiche anche per i camionisti

Nelle brevi pause che ci sono concesse, cerchiamo di trarne il meglio e ognuno lo fa a modo suo.

Ci accomuna il fatto di essere tutti persone pragmatiche, amanti delle cose semplici e capaci di cogliere l’essenza dietro a gesti che sembrano banali. Diffidiamo dai giri di parole, preferiamo essere diretti e a volte un po’ rudi, ma vivere su strada richiede questo. Un carattere determinato, deciso e temprato.

Quando vivi in una cabina, con pochissime cose con te e devi affrontare gli imprevisti che sono sempre in agguato, non ti serve nulla se non la tua forza e le tue abilità. Conti solo su te stesso.

Per questo la pausa caffè per noi è così importante, ci riporta in un frangente, seppur illusorio, di socialità. Piccolo, quasi insignificante, ma per noi fondamentale per ritrovare le energie. Perché siamo come il caffè; Semplici ma che arrivano al cuore.


Ho visto anche persone ordinare cose come orzo e ginseng, ma quelli… beh, non erano camionisti.

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