novità 05.05.2021
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Siamo Carichi : Gli Intoccabili

Per ogni camionista, la cabina è come una casa. E, al suo interno, ci sono alcune cose che non vanno MAI toccate.

Tre cose che un camionista non vuole gli vengano toccate

„Sono donna, mamma e camionista. Rigorosamente in quest’ordine”. Lei è Laura e si descrive così, se le chiedi di farlo.

Da perfetto sagittario, le piace godersi i piaceri della vita: il buon cibo, la compagnia delle persone che ama e il suo cane Ray. Adora viaggiare ed avere dei momenti tutti per lei: ecco allora che la cabina del suo camion diventa il suo rifugio perfetto, là dove ogni cosa è a sua dimensione.
E a proposito di cabina e camion aggiunge: “compenso la mia piccola statura con i due metri di altezza del mio Volvo FM, perché nell’Fh non vedo fuori”.

Con il suo stile ironico e mai banale, nella serie “Siamo Carichi”, Laura ci racconta spaccati e momenti della sua vita di autista professionista.
E voi? Siete carichi? Allora allacciate le cinture e godetevi questo viaggio a ritmo di rock lungo le strade d’Italia.
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IFrame

Non toccatemi il camion

Il motore subbuglia sotto il morbido e avvolgente sedile, il leggero tremolio della cabina è quel tipico rumore a cui ci si abitua, ma che fa notare la sua mancanza quando non c’è.
Tutto sembra calmo, normale, quasi asfissiante da quanto è uguale a ieri.
Ti aspetti questo quando prepari le tue cose per la partenza, esattamente come fai tutti i giorni, ma oggi non riesci a inserire la scheda comodamente sdraiato sullo schienale.

Oggi devi alzarti un po’.
Quello è un segno inequivocabile. 

Le mani si accartocciano, le tempie si rigano di lucido sudore, gli occhi diventano prima vitrei, poi furibondi: qualcuno ha usato il tuo camion! 

Quella verità, temuta come la multa e certa come le bollette, in un normale martedì, è deleteria per qualunque sistema nervoso di un qualunque autista. Come tutte le cose però, finché capita agli altri sembra un soggetto di fantasia come la serenità di Timon e Pumba mentre cantano Hakuna Matata. Oggi invece, è capitato a te. 

Aguzzi la vista in cerca di tracce, dettagli che ti facciano capire chi possa aver commesso tale delitto. Ti aiuti con l’olfatto in cerca di quel profumo che ti riconduca senza dubbi al colpevole. Passi da preda a predatore affamato. 

Perché se c’è una cosa, anzi tre, che noi camionisti non possiamo tollerare è: 

che ci tocchino il camion, 
che ci tocchino il camion, 
che ci tocchino il nostro camion. 

Lo sappiamo tutti, infatti, quali sono i tre intoccabili di ogni camionista che si rispetti:

Il sedile

Ore, giorni, anni alla ricerca della posizione perfetta. Uno studio meticoloso, fatto di esperimenti e raccolta dati. Insomma, le ricerche scientifiche ci fanno un baffo. 
Tentativi e fallimenti, arrabbiature e piccole infinitesimali soddisfazioni nel trovare anche solo l’inclinazione della parte lombare, consapevoli che nei sedili odierni le posizioni sono: nei migliori dei casi almeno 666 (come il diavolo), nel peggiore il numero diventa periodico. Il che vuol dire che, periodicamente, il sostegno laterale-inferiore-sinistro-interno ci darà inspiegabilmente fastidio. È chiaro quindi, che una qualsiasi mutazione, che non sia genetica, non verrà perdonata. Il perdono non arriverà nemmeno dall’ernia cervicale che grazie alla posizione perfetta veniva coccolata dalla fascia di avvolgimento del trapezio. E siccome “oltre al danno la beffa”, questa potrebbe pure arrabbiarsi per la mancanza di affetto e tornare a far male.

Il sedile, quindi, non si deve toccare, mai. Per nessun motivo. Fidatevi, io lo so. Eccome. Non per le complicazioni nel trovare l’assetto perfetto, no; in questo sono una dei rari casi in cui ci si mette tanto quanto un pit stop.

Dovete sapere che io sono alta quanto un mozzo di una gomma /70 (barra settanta), quindi sarei anche facilitata per l’ardua impresa: sedile tutto basso e senza sospensioni, seduta completamente abbassata e soprattutto tutto avanti fino a fine corsa. Posizione mitologica, come l’isola che non c’è per Peter Pan.

So che il sedile è il primo degli intoccabili, perché sono la compagna di un camionista alto un metro e ottanta, che guida come se fosse in un’auto della Formula Uno e pretende che io gli sposti il camion senza toccare nulla: una pretesa allucinante come ordinare a noi italiani di rispettare la fila.

Praticamente guido in piedi per riuscire ad arrivare ai pedali, MA per non dissacrare il “sacro vincolo del Sedile dall’assetto perfetto”, che sappiamo benissimo essere più importante di un matrimonio, si fa anche questo.

Il profumo

Come quello di mamma, riconoscibile ovunque. O del ragù di nonna, come volete, che se la batte con il profumo di mamma a pari merito e in certe occasioni vince pure. Ogni cabina, ogni camionista ha il suo profumo che si amalgama con quello della tappezzeria e sì, purtroppo anche dello spiacevole inconveniente delle quindici ore chiusi li dentro.
Insomma, ogni cabina è come una casa, vivendola acquista quell’odore inconfondibile che riconosceresti ovunque e che ti calma quando entri. Praticamente ogni cabina diventa un utero. O il bagno di casa. Che è più o meno la stessa cosa, anche perché l’Air wick che pensava di fare successo con gli spray che si attivano da soli da mettere in bagno, non sapeva che invece il picco di vendite lo avrebbe avuto per profumare le cabine degli autisti. Chi non usa quello, molto pochi ormai, sceglie il sempre verde Arbre Magic che è una garanzia come Albano e Romina Power. Provano a divorziare, ma alla fine risultano essere l’accoppiata vincente.

I tappeti

Avete presente quando le prozie o le nonne più austere vi rincorrevano con la scopa perché gli avevate anche solo guardato il tappeto persiano, regalato da un un lontano parente di cui nessuno ha mai visto il disegno da quanto cellophane ci fosse sopra, ma che sicuramente sarà costato “un occhio della testa?” Senza aver ancora, nel 2021, identificato il prezzo di un occhio?

Provate anche solo a tentare di salire in camion senza i calzari igienico-sanitari sopra le calze. Anche una camionista portatile come me, riuscirebbe a tirarvi giù dai gradini scaraventandovi in un universo parallelo. Lo sappiamo tutti, i tappeti devono essere immacolati. Non è un caso se quasi tutti i camionisti (io no!) indossano i calzini bianchi. Non è una mancanza di stile, una casualità del lunedì mattina, no. E’ l’orgoglio più assoluto, la prova inconfutabile che la propria cabina è più pulita di una camera iperbarica. Come noi donne mostriamo con orgoglio la nuova chioma appena uscite dalla parrucchiera, rimbalzando pompose e rigonfie di vanità come un tacchino ripieno al ringraziamento o un panettone a Natale, il camionista sfodera il calzino bianco che deve essere immacolato come le cappe di aspirazione quando passa Borghese. Ma se non c’è Borghese, la fine poi è sempre quella. Nessuno se ne accorge mai.

Questi sono “Gli intoccabili”, quelle cose che ci fanno sentire sicuri dietro a giornate che sono tutt’altro.

Orari che dipendono spesso dal traffico, dal magazzino e dall’imprevisto, tragitti impervi che ci tengono impegnati. Piccole cose al loro posto che fanno di quella cabina che per molti è solo un sedile e un volante, la nostra seconda casa.

Perché noi scherziamo e chi ci vede da fuori quello scherzo lo prende per vero, quando diciamo che preferiamo il camion alla casa, ma il cuore e la mente invece sono sempre, inesorabilmente là.

In mezzo alle persone che amiamo, che ci mancano e che vorremmo poter vedere di più.

È per quello che le piccole cose, messe al loro posto in cabina, mentre il nostro camion scivola sull’asfalto, ci fanno sentire sicuri, perché è come rientrare a casa e trovare il disordine dei giochi di tuo figlio, il cane sempre in mezzo ai piedi e ogni cosa sempre nello stesso posto. Ed è tutto come un abbraccio. Rassicurante.

#Siamocarichi

Laura

Qui puoi leggere gli altri articoli della serie Siamo Carichi:

  1. Le tre cose prima di partire

 

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