novità 15.04.2021
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Siamo Carichi : le tre cose prima di partire

Quali sono gli oggetti indispensabili prima di partire per una consegna? Laura, autista professionista ci parla dei suoi.

Portafogli, chiavi e cellulare sono gli oggetti da non dimenticare prima di partire col camion

„Sono donna, mamma e camionista. Rigorosamente in quest’ordine”. Lei è Laura e si descrive così, se le chiedi di farlo.

Da perfetto sagittario, le piace godersi i piaceri della vita: il buon cibo, la compagnia delle persone che ama e il suo cane Ray. Adora viaggiare ed avere dei momenti tutti per lei: ecco allora che la cabina del suo camion diventa il suo rifugio perfetto, là dove ogni cosa è a sua dimensione.
E a proposito di cabina e camion aggiunge: “compenso la mia piccola statura con i due metri di altezza del mio Volvo FM, perché nell’Fh non vedo fuori”.

Con il suo stile ironico e mai banale, nella serie “Siamo Carichi”, Laura ci racconta spaccati e momenti della sua vita di autista professionista.
E voi? Siete carichi? Allora allacciate le cinture e godetevi questo viaggio a ritmo di rock lungo le strade d’Italia.

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Fuori c’è il sole, sono le sette del mattino e mentre il mio cane corre tra i campi vicino a casa mia, io sorseggio ancora la mia tazza di caffè nero bollente. A pieni polmoni respiro l’aria pulita, prima di infilarmi nel traffico per un altro viaggio.
Quando parlo di viaggi, le persone credono sempre che io stia per andare in vacanza, non si aspettano che io lo faccia per lavoro, a bordo di un Volvo FM. 
È bello vedere come ogni volta, lo stupore assuma espressioni diverse. Mentre per alcuni, è qualcosa di strano, per me è l’assoluta normalità. Nella mia normalità, c’è tra le altre cose, quella di dimenticare sempre qualcosa a casa, così in piazzale verifico di averne tre, prima di partire: telefono, chiavi e portafoglio.

Vado alla caccia di questi tre oggetti, con la testa letteralmente dentro alla borsa, frugando tra la miriade di cianfrusaglie che non fanno altro che rallentare la ricerca. Naturalmente sono sempre in ritardo, quindi, tutta arruffata mi avvio verso il mio camion, ancora con la mano destra dentro la borsa a cercare le chiavi per aprirlo.

Ogni giorno. 
E ogni giorno mi dimentico che, per non doverle cercare in borsa, le tengo nella tasca dei pantaloni.

Quando me ne ricordo, arriva il momento della giornata che preferisco: salgo a bordo del mio camion. L’attimo in cui mi guardo intorno per vedere che sia tutto al suo posto, quello in cui mi sistemo prima di partire. Sono io in cabina e il mondo fuori.
Questa è la mia stanza, come vuole Virginia Wolf. Quel posto in cui so di poter essere quello che voglio.

Un giorno, in quel momento tanto sacro, ho notato i tre oggetti che quotidianamente cerco distratta. Quei tre oggetti che mi accompagnano sempre e a cui io non do mai importanza, oltre alla loro oggettiva utilità. Eppure, quelle tre semplici cose, mi descrivono più di quanto io non immaginassi.

Il mio portafoglio, per esempio, è grande (e in questo non mi assomiglia affatto), pieno di scontrini e con pochi spiccioli, ma l’euro per il caffè non manca mai. Una miriade di carte fedeltà, che non mi serve, trova sempre spazio dietro al giallo acceso della stoffa e al ricamo di un pappagallo colorato decisamente troppo appariscente per la mia età. A trent’anni, infatti, non credo mi si addica un portafoglio del genere, ma io le cose giuste al momento giusto non le ho mai fatte. Dei colori così sgargianti poi, non rientrano nella mia scala cromatica che invece spazia liberamente tra bianco e nero. Forse l’ho scelto per ricordarmi che la vita, perché non diventi noiosa come le raccolte punti delle carte fedeltà, va presa con ironia. Ogni volta che lo prendo dalla borsa, delle facce strane compaiono sul viso di chi mi sta di fronte, un po’ come quando mi vedono scendere dalla cabina.
Io, di contro non mi giustifico, sorrido. Sorrido perché so che quelle cose mi piacciono e non me ne vergogno. Sorrido perché so che ogni giorno ha un colore diverso da cogliere e se ne sta lì orgoglioso e sgargiante, in attesa di essere afferrato. Come il mio portafoglio giallo con il pappagallo.  

Sulle chiavi, il logo del camion non lascia spazio all’immaginazione e il portachiavi in metallo, dalla vernice ormai logora con il pendente di un volante a tre razze, è il simbolo della mia indiscussa non femminilità e della durezza e perseveranza che servono per affrontare tutti i giorni questo lavoro. 
In un mondo come questo, dove “del domani non v’è certezza”, dove si lavora tanto e si vive poco oltre la strada, la passione a volte sbiadisce. Altre volte si logora, come la vernice. L’anima in metallo, quella invece resta. Ed è quella passione che rimane e quando tintinna, ci risveglia. 
Quel portachiavi mi aiuta a ricordare che anche nelle giornate buie, si deve proseguire. Mi ricorda anche quanto io sia terribilmente curiosa, tanto da spingermi sempre oltre quello che già conosco, tanto da addentrarmi in nuove esperienze alla ricerca della vera essenza di quello che sto facendo. Talmente curiosa da abbandonare la facoltà di lettere e mettermi al volante per guardare il mondo da un punto di vista differente. Guardarlo da dentro quel punto di vista viscerale, che si muove incessante tra le vie del paese e che è come l’anima in metallo del mio portachiavi. Resistente.

In ultimo, il telefono che ci connette al mondo esterno oltre il parabrezza, raccoglitore di emozioni, di arrabbiature e anche, se lanciato, potenziale arma capace di raggiungere velocità che nemmeno una balestra ai tempi delle invasioni barbariche. Tra una chiamata e l’altra, il mio offre da sfondo un’espressione furba e sorridente di un bambino biondo di due anni. Oltre quello sfondo ci sono video e foto di momenti immortalati con la consapevolezza che alla prossima occhiata, le emozioni provate al momento dello scatto riaffioreranno in egual potenza. Il telefono dice di me che sono mamma, smemorata e affannata tra le mille incombenze delle mie giornate. Perdo le chiamate e mi dimentico di rispondere ai messaggi, ma quando dietro a quel telefono c’è chi conta davvero, rispondo sempre.

È così per tutti, vicino ad ognuno di noi ci sono altre persone, altre identità che hanno qualcosa da dire, qualcuno da salutare e un lato umano da preservare e che spesso hanno voglia e bisogno di essere ascoltati. Questo è un oggetto che per noi che siamo così tanto via da casa, ci permette di essere in qualche modo presenti.

Le persone dell'autotrasporto

Perché il mondo dell’autotrasporto non è fatto solo di carrozzerie dai colori brillanti, mezzi enormi e tonnellate da trasportare. Oltre i chilometri, i litri di gasolio e le ore di guida e riposo, là dietro, dove spesso e volentieri ci si dimentica di guardare, ci sono persone. Persone con espressioni, pensieri e parole da raccogliere e raccontare. Ritardatari o precisi, maniaci dell’ordine o confusionari, appassionati o sofferenti, chiunque ci sia alla guida del camion, fa parte di questo mondo tanto incompreso, quanto meraviglioso.

Ed è tra le strade popolate dai bisonti su gomma che affronteremo il nostro viaggio insieme.Io le mie tre cose le ho prese, a voi chiedo di prendere passione, curiosità e un diverso punto di vista, che faranno di questo percorso qualcosa di irripetibile, travolgente e imprevedibile.Mi accomodo sul sedile, controllo che ogni cosa sia al suo posto e accendo la mia playlist preferita.

Guardo il mondo fuori dal mio oblò, faccio un bel respiro profondo e accendo il motore.

Siamo carichi, siete pronti a partire?

 

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