Tutto sulla logistica 10.06.2020
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Ridefinire le supply chain dopo la pandemia

Approvvigionamento a km 0?

supply chain resiliente

Uno degli effetti collaterali più evidenti della crisi mondiale innescata dal coronavirus è stato rappresentato dalle impasse nell'approvvigionamento dovuti all'interruzione delle catene di distribuzione. La globalizzazione ha portato a un'interconnessione e un'interdipendenza dell'intera economia mondiale, per cui spesso i fornitori di materie prime e gli stabilimenti di produttori europei hanno sede all'estero. Per via delle misure di ampio respiro volte al contenimento della pandemia, molte aziende si sono improvvisamente trovate ad affrontare una sfida dall’enorme portata: riposizionarsi sul mercato. E lo hanno dovuto fare nel brevissimo periodo e senza trascurare la redditività, da un lato, e la sostenibilità, dall'altro, per il periodo post crisi.

La crisi attuale ha reso evidente quanto sia fragile la catena di creazione del valore nelle nostre economie. La dipendenza dalla domanda del mercato, dai fornitori e da fattori esterni si è rivelata un punto debole, così come la produzione just in time.
Una soluzione per rendere indipendenti sistemi produttivi e singole aziende può essere ricercata nell'accorciare notevolmente le catene di distribuzione.

In questo articolo:

Produzione vicina ai mercati di sbocco

Essere in grado di disporre di una produzione autonoma è essenziale in tempi di crisi, ma attualmente è possibile solo in misura limitata. La forte carenza di beni come le mascherine e i medicinali sono una difficoltà con cui tutti i paesi europei sono stati chiamati a confrontarsi. Questi beni, infatti, sono prodotti soprattutto in Cina e in India, gli stessi Paesi che forniscono alcune delle principali materie prime. La mancanza di visibilità per quanto concerne i supplier di materie prime, e più precisamente l'origine e la loro composizione, rende molto difficile delocalizzare la produzione nel mercato domestico o europeo. Per questo motivo, trovare il giusto sostituto nelle immediate vicinanze si rivela essere un'impresa ardua e onerosa, sia in termini di tempo che di costi.

 

Per poter reagire in modo flessibile agli imprevisti, le aziende manifatturiere dovrebbero creare una rete di supplier, tra i quali rientrino, oltre ai fornitori di materie prime, anche le aziende di trasporto e logistica. Infatti, poter disporre di un pool di fornitori di servizi logistici nelle vicinanze, garantisce non solo benefici in termini di rapidità nella reazione ai cambiamenti del mercato, ma anche di trasparenza e visibilità su tutta la catena del valore.
Uno strumento efficiente per creare una rete diversificata di fornitori di servizi di questo tipo è rappresentato dai sistemi come quello di TIMOCOM. Qui, aziende di produzione e distribuzione in tutta Europa possono trovare nuovi partner commerciali e creare un collegamento diretto con fornitori di trasporto e logistica.

 

Standard di qualità superiori e costi di produzione più elevati rispetto a quello di Paesi, come per es. Cina, India e Malesia, spingeranno al rialzo anche il prezzo finale di molti prodotti. Quest’ultimo potrebbe essere relativizzato solo con una produzione su larga scala, per es. di mascherine e medicinali, oppure, in generale, di beni di largo consumo.

 

Rileggere la produzione con nuovi parametri di risk comporterà fare una valutazione precisa dei gruppi di prodotti che potrebbero essere soggetti a una domanda particolarmente elevata ed improvvisa in caso di crisi. Ricollocare la produzione all'interno del mercato domestico o europeo porterebbe all'indipendenza desiderata, ma sarà necessario che questa sia sostenuta anche dalla relativa infrastruttura. Una delocalizzazione di questo tipo porterebbe anche ad un ritorno del know-how su materie prime e processi di produzione delle merci.

Fare stock di magazzino

Quando si parla di produzione su larga scala, tra le questioni di maggiore rilievo vi sono il magazzinaggio delle materie prime da un lato e dei prodotti finiti dall'altro. Lo stock di magazzino, però, non rientra nel paradigma just-in-time delle moderne supply chain e, alla luce della crisi attuale, merita di essere preso nuovamente in considerazione. Derogare ai principi lean di gestione dei magazzini consentirebbe di migliorare la capacità di reazione in caso di necessità, di soddisfare un aumento repentino della domanda e continuare a garantire le consegne.

 

Per essere pronti ad affrontare situazioni di emergenza persistenti come quella dell'attuale pandemia da coronavirus, i produttori dovrebbero creare le condizioni di base che consentano loro di reagire al surplus della produzione, per esempio producendo e stoccando le quantità necessarie, così da averle a disposizione in quantità sufficiente per soddisfare la domanda.

Flessibilità e sostenibilità

Ovviamente, prima di avvicinare la produzione alla regione della domanda, è necessario interrogarsi sulla sostenibilità finanziaria di questa delocalizzazione. Alla luce dell'attuale pandemia, sono poche le aziende che hanno la possibilità di convertire la produzione, per esempio, nel tessile, da capi di abbigliamento a mascherine. In tal caso, al termine della crisi e, di conseguenza, con una diminuzione della domanda (per es. di mascherine), si dovrà essere in grado di ritornare alla produzione originaria. Per la creazione di nuovi stabilimenti di produzione è necessario puntare su tecnologie all'avanguardia. Lo stesso vale per l'ammodernamento di stabilimenti già esistenti. Le tecnologie all'avanguardia si distinguono per l'elevato grado di automazione e digitalizzazione, due driver dell’industria 4.0, e garantiscono all'azienda una notevole flessibilità, soprattutto in periodi di crisi o in un momento, come quello attuale, in cui le esigenze dei consumatori in fatto di prodotti e merci cambiano rapidamente.

 

Alla luce di queste considerazioni, la produzione di beni estremamente richiesti in periodo di crisi potrebbe rappresentare il piano B per mantenere la produttività e redditività aziendale. Per portare al successo un prodotto alternativo, sarà necessario puntare su argomentazioni esclusive di vendita, come la biodegradabilità del prodotto al termine del suo ciclo di vita. L'aumento della consapevolezza sui temi di sostenibilità ambientale, sia tra i consumatori che tra le imprese, rappresenta la migliore premessa per una produzione ecosostenibile. Questa componente, a sua volta, giustificherebbe l'aumento dei prezzi e un aumento di interesse da parte dei consumatori per i prodotti regionali.

Il giusto mix

Per i Paesi come l’Italia, con un elevato grado di dipendenza dalle esportazioni ed una fitta rete produttiva di medie e piccole aziende, una delocalizzazione sistematica della produzione direttamente sul mercato di sbocco è certamente inverosimile. Altri Paesi seguirebbero lo stesso esempio e i loro mercati non sarebbero più competitivi a causa del lievitare dei costi della produzione; oppure la maggior parte delle piccole imprese, nel lungo periodo, non sarebbe più in grado di sostenere gli ingenti oneri finanziari. Ciononostante, in termini di gestione del rischio, è sicuramente necessario effettuare una valutazione su quanto sia urgente garantire un'indipendenza, o quantomeno adeguate alternative, dalle importazioni per determinate categorie merceologiche, come questa crisi ci ha dimostrato.

 

Riassumendo, sarà un mix dei seguenti fattori a permettere ai produttori di fare la differenza:

  • prodotti regionali e interregionali, nonché ecosostenibili
  • approvvigionamento delle materie prime a km 0
  • impiego di tecnologie all'avanguardia (industria 4.0)
  • stock a magazzino di beni primari e necessari in tempi di crisi

 

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